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Giuseppe Cesari, detto Cavalier d'Arpino
Description
- Giuseppe Cesari, detto Cavalier d'Arpino
- Giove e Antiope
- olio su tavola
Provenance
probabilmente Roma, collezione Patrizi, ante 1640;
Sotheby's Londra, 1972;
Campione d'Italia, collezione S. Lodi;
Asta Semenzato, 29 ottobre 1990;
Collezione privata.
Exhibited
Literature
H. Röttgen, a cura di, Il Cavalier d'Arpino, catalogo della mostra (Roma, Palazzo Venezia, giugno-luglio 1973), n. 60, pp. 140-141, illustrato;
H. Röttgen, Il Cavalier Giuseppe Cesari d'Arpino. Un grande pittore nello splendore della fama e nell'incostanza della fortuna, Roma 2002, pp. 186-188, fig. 99, n. 177b, p. 417 e n. 238, p. 460.
Condition
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Catalogue Note
La piccola tavola, conservata in ottime condizioni, è opera sofisticata di Giuseppe Cesari, pittore arpinate di adozione romana, rinomato artista alla corte di numerosi pontefici: da Gregorio XIII a Clemente VIII, che lo nominò Cavaliere, fino a Paolo V che lo affiancò a Guido Reni nella decorazione della Cappella Paolina in Santa Maria Maggiore.
Databile alla fine degli anni venti del Seicento, in una fase tarda dell'attività del pittore, la preziosa tavoletta è da ricondurre a quel filone mitologico-erotico, tipico dell'intera parabola artistica del Cavalier d'Arpino. Un interessante fil rouge che corre parallelo alle grandi commissioni, a latere delle monumentali opere ad affresco di carattere religioso che decorano numerosi complessi romani e napoletani, oltre alle imponenti pitture di genere storico-celebrativo eseguite, a più riprese, in Palazzo dei Conservatori a Roma (1595-1640).
Durante la fervente attività e le molteplici commesse pubbliche, è possibile riscontare un costante interesse dell'artista per i soggetti mitologici minori, gli amori di satiri e ninfe, la cui identità è spesso indefinita, quasi un pretesto, un divertissement da amateur.
Tema prediletto, la ninfa che rifugge le attenzioni di un satiro è anche il soggetto della nostra opera, del tutto in linea, quindi, con il corpus di dipinti e disegni del medesimo genere erotico-mitologico. Probabilmente le due figure sono identificabili con Antiope e Giove, tramutatosi in satiro per avvicinare la giovane figlia del re Nitteo, destinata a partorire due figli maschi e ad affrontare dure prove. Il medesimo episodio mitologico era già stato raffigurato, del resto, dal pittore in una delle prime opere di questo genere, databile al 1595 circa (già Sotheby's New York, 25 gennaio 2001, lotto 180).
Lontana dai modi del Cesari appare, invece, l'importanza che riveste il paesaggio in questa composizione ben equilibrata, tutta risolta in primo piano, nell'abbraccio-non abbraccio delle due figure.
Herwarth Röttgen, che ha pubblicato il dipinto nella prima mostra monografica dell'artista (1973) e nel recente studio del 2003, ha suggerito, per la diversa concezione paesaggistica qui espressa, dapprima un intervento diretto di Agostino Tassi -pittore a cui il Cesari si era avvicinato fin dal 1615- per poi avanzare l'ipotesi di una possibile collaborazione di un paesaggista olandese, quale il Breenbergh e lo Swanevelt, che "la levigatezza e la trasparenze del paesaggio" ricorderebbero (Röttgen 2003, p. 460).
Sempre il Röttgen segnala, poi, un'opera di analogo soggetto (Andalusia, PA, Usa, collezione Nelson Shanks), di dimensioni minori e con la rappresentazione delle sole figure, caratterizzata da un maggior pittoricismo e da un gusto più bozzettistico, forse una prima versione del nostro dipinto (1615-1620). Assente appare, oltre al paesaggio dello sfondo, anche la pianta in primissimo piano, che "copre ma al tempo stesso mette in evidenza il sesso della ninfa", realizzata con "estrema sofistificazione" (Ibidem, p. 460)
Questa tavola dal fascino innegabile diviene, così, saggio esemplare della tarda attività del maestro arpinate, raffinato esempio di quel genere mitologico-erotico in cui l'artista eccelse. Sensuale sì ma di una sensualità dai toni quasi burleschi, comici nell'inserto di quell'amorino che sorregge e incita il maldestro e corpulento satiro mentre la ninfa "rotondetta", dallo sguardo vacuo e assente, tenta placidamente di sottrarsi con fare teatrale e a tratti artificioso. Sensuale sì ma di una sensualità stilizzata, colta, da vero amateur.
Il dipinto è stato dichiarato di eccezionale interesse storico artistico dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali, in data 4 Marzo 1991.