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Giovanni Carnovali detto il Piccio
描述
- Giovanni Carnovali detto il Piccio
- Madonna col Bambino
- olio su tela
- cm 71 x 53
- Eseguito nel 1835 circa
展覽
Bergamo, Palazzo della Ragione, Il Piccio e artisti bergamaschi del suo tempo, 14 settembre - 10 novembre, 1974, pag. 44, n. 16, illustrato
出版
Condition
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拍品資料及來源
Reca etichetta sul telaio con il n. 210
Artista tra i più significativi dell'Ottocento, "Straordinario e strambo" secondo il suo maestro Diotti, Giovanni Carnovali detto "Il Piccio", diminutivo con cui era noto sin da bambino, si contraddistinse per la sua originalità pittorica e umana, tra gli artisti contemporanei, a lui vicini anche da un rapporto di amicizia tra i quali Appiani, Hayez e Trécourt.
Iscritto all'Accademia Bergamasca a soli undici anni, si fece da subito notare per l'innata capacità nel saper cogliere, con estrema rapidità e sicurezza d'esecuzione, tutte le diverse attività di introduzione all'arte, tanto da far ben sperare al Dotti e all'aristocrazia locale di aver finalmente trovato un degno erede della gloriosa tradizione artistica cittadina.
Nonostante il suo spirito inquieto e anticonformista la fama del grande artista-ritrattista non tardò ad arrivare. Grazie ad una pennellata sciolta, eseguita a tocchi e macchie, realizzò opere di vibrante realismo, di terse luminosità ed insoliti cromatismi.
E' il 1838 quando il Piccio decide di partecipare all'esposizione annuale di Brera ed ampliare così il suo raggio di popolarità (per altro già affermato negli ambienti artistici di Cremona e Bergamo), ponendosi così difronte ad un pubblico di collezionisti e ad una committenza più ampia.
Sono questi gli anni in cui si colloca la Madonna col bambino, del 1835 circa. Il soggetto, già affrontato una decina di anni prima, se pur con certe durezze d'esecuzione, è prova dell'evidente passione che l'artista nutre per la composizione di matrice cinquecentesca ed in particolare per i modelli raffaelleschi quali la La Madonna di casa Tempi (Monaco, Alte Pinakothek) e La Madonna della Seggiola (Firenze, palazzo Pitti, Galleria Palatina), a cui l'opera si ispira soprattutto per l'impostazione.
Dall'antico ne deriva il chiaroscuro così come le note di lirismo coloristico. L'originalità dell'opera è data dall'atmosfera, trasparente e quasi immacolata che l'invade.
La spiccata luminosità permea le tonalità lasciando un effetto di grande realismo d'insieme. Il tema sarà nuovamente ripreso verso la fine degli anni 60, in cui approfondisce e rielabora lo studio delle "Flore" e all'ammirazione per l'antico, si mescolano la consapevolezza di un artista ormai padrone delle proprie capacità pittoriche.
«Il suo colore non è materia, è luce, che si diffonde e fa crepitare il quadro...è un pulviscolo luminoso sospeso nell'atmosfera. Dove possiamo trovare un altro esempio di queste polpe luminose se non nel Tiziano della vecchiaia, il più glorioso? Gli Impressionisti, malgrado tutto, fanno sempre della luce un fatto fisico, e nel giro di un decennio conducono in pittura persino elementi della scienza ottica; invece il Piccio, continuando la tradizione italiana, fa della luce un fatto poetico» (M. Valsecchi)