Lot 207
  • 207

Marco Ricci Belluno 1676-1730 Venezia

Estimate
60,000 - 80,000 EUR
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Description

  • Marco Ricci
  • Paesaggio fluviale con torre
  • olio su tela

Provenance

Mercato dell'arte, 1954;
Collezione Brass, Venezia;
da qui ai discendenti.

Literature

R. Pallucchini, Studi ricceschi: contributo a Marco Ricci, in “Arte Veneta”, vol. IX, 1955, pp. 182-183, fig. 201.
R. Pallucchini, Giunte a Sebastiano e Marco Ricci, in “Arte Veneta”, vol. X, 1956, pp. 155-156, fig. 154.
R. Pallucchini, Pittura veneziana del Settecento, Venezia 1960, p. 39, fig. 98.
A. Scarpa Sonnino, Marco Ricci, Milano 1991, p. 134, n. 99.
A. Delneri, in Marco Ricci e il paesaggio veneto del Settecento, catalogo della mostra a cura di D. Succi e A. Delneri, Belluno, Palazzo Crepadona 15 maggio – 22 agosto 1993, pp. 92-93, fig. 7.

Catalogue Note

Il dipinto è stato segnalato per la prima volta da Rodolfo Pallucchini che lo ha pubblicato nel 1955 insieme ad altri tre paesaggi di Marco Ricci di soggetto simile e medesimo formato. Da allora il quadro è stato più volte menzionato nella letteratura artistica e viene analizzato anche nel catalogo ragionato del 1991 dedicato al pittore bellunese da Annalisa Scarpa Sonnino.
Il Pallucchini, che individuava un’“esperienza magnaschesca accordata con la conoscenza dei paesisti olandesi italianizzanti”, ha proposto di collocare la datazione dell’opera subito dopo il ritorno del pittore dal suo soggiorno in Inghilterra, durato dal 1709 al 1716 e interrotto solo da un breve ritorno a Venezia tra la fine del 1711 e l’inizio del 1712. La Scarpa Sonnino e Annalia Delneri, co-curatrice della mostra di Belluno del 1993, ritengono invece opportuno anticipare il momento dell’esecuzione ai primi anni del Settecento, quando il Ricci sta conquistando un linguaggio figurativo personale.
Gli anni della formazione sono ammantati dal mistero. E’ probabile che Marco abbia compiuto l’apprendistato nelle botteghe di Antonio Francesco Peruzzini e dello zio Sebastiano Ricci, con il quale ha collaborato per quasi tutta la sua vita. Ma fin dagli esordi si è dedicato autonomamente alla pittura di paesaggio, ottenendo grande successo presso i suoi contemporanei: le sue tele, in cui elementi naturalistici ed effetti pittoreschi si amalgamano con equilibrio, erano ricercatissime dai collezionisti dell’epoca. Le prime prove mostrano un’attenta rilettura dei brani paesistici della tradizione veneta, da Giovanni Bellini a Tiziano, filtrata attraverso la lezione dei classicisti seicenteschi, quali Nicolas Poussin, Claude Lorrain e Gaspard Dughet, e l’esempio dei paesaggisti olandesi, giunti numerosi in Italia. In particolare si deve ricordare che Pieter Mulier, detto il Cavalier Tempesta, lavorò a Venezia tra il 1687 e il 1690 proponendo il suo stile brillante e immediato, ma il giovane Marco Ricci doveva avere osservato con attenzione anche le interpretazioni decisamente meno epidermiche e più drammatiche di Alessandro Magnasco e Salvator Rosa.
All’inizio del Settecento, quando presumibilmente si colloca l’esecuzione del Paesaggio fluviale con torre, il Ricci traduce le sollecitazioni culturali esterne in una maniera propria, originale e immediatamente riconoscibile, soprattutto grazie a uno sguardo sulla natura nuovo e diretto. La Delneri, che si sofferma diffusamente su questo dipinto nel catalogo della mostra Marco Ricci e il paesaggio veneto del Settecento, sottolinea che “fin dall’inizio del nuovo secolo l’artista stabiliva fermamente un nuovo idioma, una impaginazione paesistica che, tenendo conto dei precedenti, vagliava le antiche fonti attraverso l’indagine empirica, lo studio concentrato e attento dello straordinario e sempre mutevole scenario naturale”.
Nell’opera che si sta prendendo in esame, Marco Ricci calibra attentamente ogni elemento e ogni dettaglio della composizione, costruendo un perfetto equilibrio formale. La scena è delimitata a sinistra da un albero, che incombe in primo piano e fa da quinta teatrale. Sulla destra lo sguardo dello spettatore è delimitato da un’impervia rupe sulla quale sorge una torre apparentemente irraggiungibile e dall’aspetto un poco fiabesco. Ma a questo tocco fantastico, tipico dei capricci d’invenzione che diverranno tanto di moda nel XVIII secolo, si contrappone la veduta rassicurante e familiare del fiume che, con il suo scorrere lento e placido, rievoca gli splendidi scorci della valle del Piave. Sulle rive del corso d’acqua contadini, pastori e viandanti, tratteggiati con poche e sapienti pennellate, sono impegnati nelle loro attività quotidiane. L’autore si concentra anche sulla resa degli effetti atmosferici, ottenuta grazie alla luce calda e accostante che pervade il paesaggio.

Il dipinto è stato dichiarato "bene di particolare interesse storico artistico" con Decreto Ministeriale in data 23 Novembre 2005.

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