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Cristoforo Munari Reggio Emilia 1667-1720 Pisa
Description
- Cristoforo Munari
- Natura morta con pesce, brocca di vetro, pezzo di carne su foglio di carta, cavolo, orcio di rame, mortaio con pestello, fiasco di vino, piatti, pesce, mele e arancia
firmato e datato in alto a sinistra, sulla carta su cui poggia la carne: “La bontà di Vs/ sapeva come/ mia debolezza d’animo e di scrivere/ ma mi sono mancate le/ forze/ e là riverisco di Vs. mio Sig.re Firenze li 2 Aprile 1710/ … Christophano Munari”
- olio su tela
Provenance
Collezione Acciaioli, Villa di Montegufoni (?);
Semenzato, Roma, 17 Marzo 1992, lotto 195.
Literature
R. Morselli, in Pittura italiana antica. Artisti e opere del Seicento e del Settecento, a cura di A. Morandotti, Milano 1995, p. 209.
F. Baldassari, Cristoforo Munari, Milano 1998, n. 76, pp. 177-178, fig. a pp. 75 e 177.
Catalogue Note
Quest’opera, firmata e datata 1710, ha una straordinaria importanza nel corpus di Cristoforo Munari, poiché si tratta dell’unica natura morta “da cucina” contestualizzabile cronologicamente con assoluta certezza. Il dipinto, di alta qualità e di autografia indubitabile, è quindi la pietra di paragone per definire la cronologia di buona parte del catalogo di Munari.
Quando scrisse la monografia del pittore, nel 1998, Francesca Baldassari conosceva il quadro solo da una fotografia, ma non esitò a sottolineare la sua notevole rilevanza storica. La studiosa, inoltre, ha offerto un’acuta analisi stilistica, che è opportuno riproporre: “Il repertorio di oggetti qui descritto è presentato con toni di naturalismo garbato, con giochi preziosi di luci e colori [...]. Il valore scenografico del cavolfiore, la resa quasi sensuale dei pesci, i lucori rosati della carne, i riflessi argentati nell’invetriatura della brocca e nella paglia del fiasco confermano il temperamento raffinato di Munari, che traspare anche nella messa in scena di oggetti domestici e feriali”.
La tela è resa ancora più rara dal fatto che mostra l’unica rappresentazione di pesci nell’intera opera dell’artista. Questo singolare aspetto iconografico conta pochi precedenti in ambito emiliano, tra cui merita di essere citato il Caciucco di Giuseppe Maria Crespi, eseguito nel 1708 per il Gran Principe di Toscana Ferdinando de’ Medici e oggi conservato alla Galleria degli Uffizi a Firenze.
L’impaginazione dell’opera che si sta prendendo in esame è orchestrata secondo una sapiente regia. La disposizione degli oggetti, solo apparentemente casuale, è curata nei minimi dettagli e dà vita a uno studiato disordine. Un ruolo fondamentale è giocato dalla luce, che danza impalpabile e crea riflessi scintillanti sulla superficie del vasellame e delle vivande.
Il delicato realismo di Munari veniva evidenziato già dai sui primi biografi, che hanno scritto di lui intorno alla metà del XVIII secolo. Il suo contemporaneo Francesco Maria Niccolò Gaburri lo definisce “pittore eccellente nel rappresentare cucine, strumenti, tappeti, vasi, frutta e fiori”, mentre l’abate pisano Orazio Marrini, nella Serie di ritratti di celebri pittori pubblicata nel 1764, propone una lettura critica più approfondita: “diligente e stupendo imitatore del vero, che senza tema di soverchia esagerazione può dirsi francamente che esso giungesse all’ultimo grado di perfezione”.
Cristoforo Munari, nativo di Reggio Emilia, eseguì questa natura morta a Firenze, dove soggiornò tra il 1707 e il 1715, prima di trasferirsi a Pisa, dove morì nel 1720.