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Gino Severini
Description
- Gino Severini
- Ritratto del Dottor Giordani
firmato, datato Luglio 1913 Paris e dedicato Al carissimo amico Giordani affettuosamente
- carboncino e pastelli colorati su carta
- cm. 61,5x51,5
Provenance
Collezione Thyssen-Bornemisza, Lugano
Galleria Sprovieri, Roma
Collezione G. Panelli, Monza
Galleria Philippe Daverio, Milano
Ivi acquistato dall'attuale proprietario nel 1990
Exhibited
New York, Philippe Daverio Gallery, Futurism: 1911-1918, 1988, n. 19
New York, Barbara Mathes Gallery, Selections: fall 1989, 1989, n. 7, illustrato
Literature
Catalogue Note
Severini esegue Il ritratto del Dottor Giordani, nel luglio del 1913. Come è noto, l'anno 1913 è internazionalmente caratterizzato da un eccezionale fervore artistico. Per Severini in particolare, la preparazione dell'importante esposizione di Londra (che doveva tenersi nell’aprile presso la Marlborough Gallery), e l'imminente matrimonio con Jeanne Fort, con la quale si sposa il 28 agosto di quell'anno, ne accentuano il valore. Dall'inizio del periodo futurista Severini esegue vari ritratti e autoritratti, sia su tela, sia su carta, usando diverse tecniche: olio, carboncino, pastello e collage.
Se paragoniamo Il ritratto del Dottor Giordani a un'opera a carboncino su carta eseguita poco tempo prima come Autoportrait au Canotier (1912 -1913), notiamo una similitudine stilistica nella composizione, ma un ritmo più armonioso, dovuto anche alle sfumature e alle forme cilindriche ripetute. Il tratto in blu, unica nota di colore e di natura incisiva, dona all'opera ulteriore profondità ed equilibrio sottolineandone la straordinaria unicità. Inoltre l’opera può essere posta in stretta relazione stilistica con il ritratto ad olio di Marinetti sempre del 1913 e il ritratto di Paul Fort, collage su carta.
Il ritratto del Dottor Giordani dal punto di vista compositivo potrebbe essere un olio su tela più che un'opera su carta. L’effetto di compenetrazione fra figura e ambiente è ottenuta attraverso l’uso di volumi trasparenti interferenti far loro, rafforzati nelle zone di intersezione dal chiaroscuro. Il pastello reca al basso al centro una dedica di Gino Severini “al carissimo amico Giordani”, apposta forse in un secondo tempo, quando Severini regalò il pastello al Dottor Giordani, un medico di Roma, da lui incontrato, probabilmente, durante la convalescenza da una malattia.
L’opera di grande raffinatezza e di indubbia originalità affronta il tema del ritratto maschile con un sicuro controllo dei mezzi figurativi, tesi ad ottenere una sintesi fra scomposizione cubista e dinamismo futurista: “I soggetti in movimento mi piacevano sempre ma ciò non mi impediva di dedicarmi a dei soggetti che non si muovevano, come dei ritratti […] Ero nella linea dei cubisti o in quella dei futuristi? Confesso che non me ne preoccupavo affatto. Come Picasso, io non davo importanza a queste teorie con desinenza in “ismo”. Avevo sotto mano i “mezzi” che mi occorrevano e poco mi curavo che venissero dai neo-impressionisti da Corot, o da Cèzanne ecc […] Ho fatto un sufficiente numero di quadri ispirati al movimento per affermare le mie possibilità in questo campo. Ispirati dal movimento non vuol dire che io mi proponessi di dare l’illusione ottica di una cosa od un corpo che si sposta nello spazio; il mio scopo era di trarre partito da quella materia per realizzare un insieme ancor più nuovo e vivente.”
Severini si avvicina sempre di più al Cubismo per certe sue esigenze di chiarezza formale e di ordine costruttivo. E’ evidente la compenetrazione di forme cilindriche in cui spicca un solo elemento decifrabile, il grande cappello cilindrico, unica forma che ridà consistenza di verità al ritratto.
Severini, un artista che normalmente viene associato al futurismo, produsse nell’importante periodo parigino opere che sono per alcuni aspetti più cubiste che futuriste, fu infatti profondamente coinvolto nel cubismo parigino ed ebbe tra i suoi migliori amici Picasso e Braque. Severini ebbe nello sviluppo del movimento cubista una funzione prevalentemente attiva e in uno scritto del 1950 fornisce su questo argomento una testimonianza di notevole interesse: “La costruzione del quadro si faceva spesso per mezzo della sovrapposizione dei due aspetti della tavola su cui posavano gli oggetti: l’aspetto visivo e quello concepito, e questi due aspetti erano fatti girare intorno ad un punto fisso o asse, in modo che non coincidessero, e creassero invece un gioco di forme e di spazi a cui obbedivano tutti gli oggetti che erano sulla tavola. Ognuna di queste forme spazio così ottenuta era adibita ad una funzione diversa, espressa dal colore: per esempio le forme relative alla realtà di concetto erano dipinte generalmente con dei grigi, mentre quelle appartenenti alla realtà di visione erano dipinte col loro colore locale più o meno cantato e modulato secondo la personalità dell’artista. Le forme–spazio che, trovandosi negli incroci delle linee, partecipavano alle due realtà, erano dipinte in nero o in bianco.” (cit. in G. Severini, Du Cubisme au classicisme, Firenze 1972, pagg. 25-26).
Questo metodo, anche se più congeniale alle nature morte, è evidente come viene adottato anche in quest’opera, infatti il ritratto del Dottor Giordani gira intorno ad un asse, perno centrale della composizione, attorno al quale avviene la scomposizione del volto, si apre l’ampio collo della camicia, si sviluppano le braccia, e conferisce un impulso dinamico imperniato sulle forme geometriche rotanti. Questo pastello è una prova di saggezza e di equilibrio tra Cubismo e Futurismo, astrazione (tramite il rinvio a oggetti stilizzati) e concretezza (il cappello cilindrico). Concilia l’inclinazione futurista di “sensibilità ed emozione”, con quella cubista espressione di “volontà e ragione”.