Lot 83
  • 83

Oreste Albertini (Torre del Mangano 1887 - Besano 1953)

Estimate
30,000 - 50,000 EUR
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Description

  • Oreste Albertini
  • la stretta di lavena, lago di lugano
  • firmato e datato in basso a destra O. ALBERTINI / 1932
  • olio su tela
  • cm. 120 x 160

Provenance

Collezione privata, Milano (acquistato direttamente dall'artista nel 1950 circa)

Catalogue Note

 

Il dipinto, sconosciuto alla critica, ma credibilmente esposto in occasione della mostra personale di Oreste Albertini svoltasi nelle sale della sede milanese del Club Alpino Italiano, nel dicembre del 1932, propone il suo autore come sensibile erede di quel naturalismo lombardo che, a partire dalla metà degli anni ottanta dell'Ottocento, aveva caratterizzato la nostra pittura di paesaggio e come singolare interprete di un certo linguaggio d'ascendenza segantiniana - scevro, però, delle implicazioni scientifiche che avevano connotato il divisionismo - che Albertini adotterà, con pochi e irrilevanti cambiamenti, nell'arco di tutta la sua produzione.

Nato nel 1887 a Torre del Mangano, una località nelle campagne pavesi, Albertini si dedica con continuità alla pittura, solo, a partire dai primi anni venti, quando si trasferisce con la moglie a Besano, eleggendo il piccolo paese nelle vicinanze di Varese - immortalato dall'autore in moltissime tele - quale luogo privilegiato per vivere e dipingere e che, se si escludono gli anni dal 1925 al 1932 trascorsi a Viconago, il pittore raramente abbandonerà.

L'atmosfera di La stretta di Lavena è riconducibile proprio alla particolare vena poetica che caratterizza le tele dipinte a Viconago; il dipinto qui presentato, infatti, ci restituisce tutta la bellezza del paesaggio di quel tratto del lago di Lugano, nei pressi del monte di Caslano, colto proprio dal punto di vista privilegiato delle alture di Viconago, dove l'artista amava ambientare le proprie composizioni, specialmente in autunno, quando i colori della natura gli permettevano di sbizzarrirsi nell'uso di quelle calde gamme cromatiche dai toni giallo-oro che lo avrebbero reso celebre. Sono, però, le parole stesse di Albertini a offrirci le indicazioni più preziose per poter comprendere le sue scelte, linguistiche e compositive, e leggere la sua opera: "Ho incominciato a dipingere in montagna, là ho imparato il colore delle profondità del cielo e quello dell'atmosfera, il senso solido e scabro delle rocce, la morbidità dei prati. I prati sono morbidi e verdi, di tanti verdi, ognuno dei quali ha un colore della luce, nell'ombra, nei riflessi del cielo, nelle trasparenze e nelle profondità. Ho osservato che infiniti colori convivono insieme e che ogni colore si differenzia da se stesso in ragione dei diversi piani prospettici. Ho osservato e imparato che il vero non lo si può copiare, ma solo complessivamente interpretare, e con questo intento ho cercato e cerco di ridire quanto dice a me la natura, usando i suoi stessi accostamenti di colore, niente dunque scomposizione e derivazione divisionistica. Confido nell'arte del mio tempo con l'aiuto della mia grande Maestra che ha sempre qualche parolina nuova da dire a chi la sa intendere." (cfr. Oreste Albertini. Documenti, in F. Gatto-S.Tassetto, Albertini, Torino 1996, p. 165.)