"For many years the main problem that has preoccupied me, keeping me in a kind of tension, has been large scale...When I have the opportunity to create an ideal situation for my sculpture... in the midst of human traffic, I still feel that I am only 'dreaming’, imagining something that is not actual... I like to see people lean their bicycles on the sculptures, and pigeons come to rest, to see them humanised”.
Arnaldo Pomodoro, in S. Hunter An interview with Arnaldo Pomodoro, catalogue of the personal exhibition, Rotonda di via Besana, Milan 1974

The exhibition at the Belvedere Fort was a high point in an ongoing career that has increasingly archived a cumulative international prestige and acceptance, but is even now, ten years later, marked by new challenges and a spirit of experimentation. During his mature years Pomodoro moved into a decisive monumentality, exploring a new and sensitive series of relationships between his work and its many and varied sites. Although monumentality was hardly the intended goal, his work have evolved from miniature reliefs to great, curving slabs in space and then into his characteristic columns, cubes and disks, and later into larger, more elaborate and ambiguously poised spheres caught in the process of cracking from inexpressible, ineluctable forces and spheres within spheres, swelling germs of the life force, incipient and irresistible. Yet these increasingly large-scale statements became the essential point of his development, and perhaps its distinctive public aspect.

Ruota I, 1995, detail

Then came his remarkable retrospective exhibition at the architecturally intimidating Forte di belvedere, where Pomodoro was at pains to express his concern for the studied placement and painstaking adjustment of monumental sculptural form and surface, with the aim of acknowledging and reshaping the environment. Despite their basic geometry and universality, his sculptures throughout this prolific period from the 1970s and the 1990s remained distinctive for their ability to interact with his audience on a human scale.
Sam Hunters, "Monumenti e anti-Monumenti", in Arnaldo Pomodoro Catalogo ragionato della scultura Tomo I, Milan 2007, p. 76


"Per molti anni, il problema che mi ha più preoccupato, tenendomi in uno stato di tensione, è stato quello della grande scala... Quando ho l'opportunità di creare una situazione ideale per le mie sculture... nel mezzo del flusso umano, sento che sto ancora 'sognando', che sto immaginando qualcosa che non è attuale... Mi piace vedere le persone mentre appoggiano le loro biciclette contro le sculture, ed i piccioni che vi si posano, nel vederle umanizzate”.
Arnaldo Pomodoro in S. Hunter, Un'intervista con Arnaldo Pomodoro, in catalogo mostra personale, Rotonda di via Besana, Milano 1974

La mostra al Forte di Belvedere è stata il momento forse più alto di una carriera ancora attivissima, che ha raggiunto sicuro prestigio internazionale, e che a dieci anni di distanza si contraddistingue ancora per nuove sfide e grande spirito di sperimentazione. Negli anni della maturità Pomodoro si è spinto verso una monumentalità decisiva, esplorando nuove e sensibili relazioni fra il suo lavoro e le numerose e variate necessità di collocazione. Anche se la monumentalità non era certamente il suo scopo previsto, le sue opere si sono evolute dal piccolo rilievo alle grandiose lamine ricurve nello spazio, fino alle sue caratteristiche colonne, cubi e dischi, e poi nelle ancor più grandi, più elaborate e ambiguamente lucide sfere, catturate nel loro processo di disgregazione mentre sono aggredite da forze ineluttabili e inesprimibili, e sfere nelle sfere, pulsanti germi di linfa vitale, pressanti e irresistibili.

Ruota I, 1995

Tuttavia queste affermazioni di dimensioni sempre più ampie sono diventate un punto essenziale del suo sviluppo, e forse l'aspetto che più lo distingue. (...) Poi venne la straordinaria retrospettiva al Forte di Belvedere, con la sua architettura intimidatoria, dove Pomodoro fu messo a dura prova per esprimere la sua concezione riguardo all'esatta collocazione delle varie forme e superfici monumentali, dovendo riconoscere e ridisegnare l'ambiente. Nonostante la loro geometria ed elementarità formale, per tutto questo prolifico periodo fra gli anni Settanta e gli anni Novanta le sue sculture hanno mantenuto una forte impronta personale con la loro capacità di interagire con il pubblico.
Sam Hunters, "Monumenti e anti-Monumenti", in Arnaldo Pomodoro Catalogo ragionato della scultura Tomo I, Milano 2007, p. 76